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L’importanza del normopeso

Normopeso: sfatiamo qualche mito e cerchiamo di capirne di più. Come ormai risaputo il sovrappeso e l’obesità si associano ad un aumentato rischio cardio-metabolico. Tuttavia numerosi studi evidenziano che un’elevata e costante attività fisica sia in grado di mitigare gli effetti dannosi dell’eccesso di peso corporeo sulla salute cardio-metabolica. Tali studi infatti affermano che rispetto all’inattività, l’appartenere alla categoria del “regolarmente attivo” conferisce una maggiore protezione contro tutti i fattori di rischio. Attenzione però perché se è vero che l’attività fisica fornisce indubbi benefici, il raggiungimento del normopesorimane un obiettivo essenziale per la riduzione del rischio cardio-metabolico. E allora cos’è il normopeso? Per normopeso si intende il peso naturale o ideale di una persona. Il normopeso dipende da età e sesso. Per le donne è auspicabile avere un indice di massa corporea compreso tra 19 e 24, mentre per gli uomini il BMI si attesta tra 20 e 25. Questi rispettivi intervalli di valori indicano infatti che peso ed altezza sono in perfetta armonia tra loro. Ne consegue che, per quanto riguarda alimentazione e salute, hai compiuto ad oggi molte scelte corrette. Un’alimentazione equilibrata e una sufficiente dose di movimento ti aiuteranno a mantenere il tuo peso forma. Il peso forma secondo natura non prevede modelli preconfezionati, ma la conquista di uno stato di armonia con se stessi e con il proprio corpo, considerato nella sua unicità. BMI – Body Mass Index Per sapere se il proprio peso è “un peso ideale” oppure se si è sottopeso o sovrappeso bisogna ricorrere a misure elaborate. Una di queste, la più utilizzata nel mondo occidentale, è il calcolo del BMI (acronimo inglese di Body Mass Index)...

Iperprolattinemia

La prolattina è un piccolo ormone prodotto nella regione anteriore dell’ipofisi, una ghiandola endocrina alloggiata in una struttura ossea denominata sella turcica, appena sotto gli emisferi cerebrali. La funzione primaria nella donna è quella di promuovere lo sviluppo della ghiandola mammaria e l’allattamento in occasione della gravidanza e dopo il parto. Inoltre la prolattina ha un ruolo nei meccanismi adattativi dell’organismo allo stress. Quando i livelli di prolattina aumentano si parla di iperprolattinemia è la condizione caratterizzata da valori ematici di prolattina superiori alla norma. Tra le diverse cause di iperprolattinemia si annoverano: cause fisiologiche: gravidanza, puerperio, stress, esercizio fisico, sonno, pasti ricchi di proteine, allattamento, attività sessuale; utilizzo di alcuni farmaci: antidepressivi triciclici, antiepilettici, antiipertensivi, antiemetici (contro nausea e vomito), antiistaminici, cocaina, talvolta pillola anticoncezionale, metoclopramide-sulpiride, veralipride; cause sconosciute (idiopatiche); cause patologiche: adenoma dell’ipofisi (tumore benigno secernente prolattina, chiamato anche prolattinoma), adenomi dell’ipofisi non secernenti, acromegalia, sindrome della sella vuota, Cushing, meningiomi (tumori maligni delle meningi), disgerminoma (tumore del testicolo), altri tumori, sarcoidosi; cause neurologiche: lesioni della parete toracica da Herpes Zoster, lesioni del midollo spinale; altre cause di iperprolattinemia: ipotiroidismo, insufficienza renale, cirrosi epatica, insufficienza della ghiandola surrenale Dal punto di vista clinico l’iperprolattinemia si manifesta nella donna con alterazioni del ciclo mestruale, infertilità, galattorrea (secrezione lattescente mammaria), riduzione dei livelli di estrogeni, demineralizzazione ossea (osteopenia-osteoporosi); nel maschio con disfunzione erettile, calo del desiderio sessuale, alterazione dello spermiogramma, infertilità, riduzione dei livelli di testosterone nel sangue, demineralizzazione ossea (osteopenia-osteoporosi); in caso di adenomi ipofisari di dimensioni significative potrebbero essere inoltre presenti sintomi centrali quali cefalea e deficit visivi (per compressione del cosiddetto “chiasma ottico”). Tale sintomatologia è controllabile e spesso risolvibile con adeguate terapie, a seconda della patologia di base, per cui è molto importante arrivare ad una corretta diagnosi. §per questo motivo è sempre necessario rivolgersi al proprio endocrinologo di fiducia!...

Endocrinologia e sistema endocrino

Con la parola endocrinologia intendiamo la scienza che si occupa dello studio delle ghiandole endocrine e dei loro prodotti di secrezione (ormoni). La Scuola di specializzazione medica viene ufficialmente denominata in Endocrinologia e malattie del metabolismo. Essa infatti forma specialisti che hanno maturato la nel campo della fisiopatologia e clinica delle malattie del sistema endocrino, comprendente anche tutto ciò che è riconducibile al metabolismo in senso lato. Il medico specialista endocrinologo e malattie del metabolismo si forma conseguendo la laurea magistrale in Medicina e Chirurgia alla quale segue il conseguimento della suddetta specializzazione. Sistema endocrino Come abbiamo detto l’endocrinologia è quella branca che studia il sistema endocrino, il quale è uno dei principali sistemi con cui il nostro organismo trasmette le informazioni, controlla e coordina le proprie funzioni. Attraverso il controllo su alcuni organi ed apparati ed il coordinamento (integrazione) con il sistema nervoso presiede ad una serie di funzioni vitali per il nostro organismo quali: la produzione e utilizzazione di energia il mantenimento dell’equilibrio interno (omeostasi) dei diversi sistemi che lo compongono la crescita staturale lo sviluppo puberale l’attività riproduttiva Il sistema endocrino è costituito da un sistema di organi – le ghiandole endocrine – specializzati nella produzione di ormoni; questi sono sostanze chimiche che vengono prodotte, talora immagazzinate nella ghiandola e rilasciate al momento opportuno nella circolazione, attraverso cui raggiungono i loro “bersagli”. I bersagli degli ormoni possono essere organi, cellule o tessuti posti anche a grande distanza dalla sede di produzione dell’ormone. L’ormone, giunto a destinazione, è in grado di provocare un effetto nel bersaglio:a diversi ormoni corrispondono effetti diversi. Perché questo avvenga, però, è necessario che nell’organo o cellula o tessuto “bersaglio” vi sia un “recettore” capace di...

Tiroide, funzione sessuale e riproduttiva maschile

Articolo pubblicato sul sito SIE -societaitalianadiendocrinologia.it Le disfunzioni tiroidee – oltre che i noti effetti sistemici – presentano effetti emergenti sulla funzione sessuale e riproduttiva maschile. Gli studi pre-clinici hanno dimostrato che gli ormoni tiroidei possono concorrere alla regolazione la funzione sessuale attraverso tre meccanismi putativi: il controllo della secrezione di testosterone da parte del cellule del Leydig, soprattutto in epoca peri-puberale; il controllo periferico sulla muscolatura liscia dei corpi cavernosi, attraverso il legame con le identificate isoforme recettoriali TRα1 e TRα2; e il controllo periferico sulla muscolatura liscia delle vescichette seminali, delle ampolle deferenziali e della muscolatura periprostatica modulando la funzione dei recettori adrenergici e l’attività simpatica. Gli studi clinici confermano che l’ipertiroidismo conclamato e sub-clinico presentano un’incidenza maggiore di disfunzione erettile rispetto all’ipotiroidismo clinico e subclinico. La severità della disfunzione erettile correla positivamente con il grado di Disfunzione Tiroidea ed il ripristino dell’eutiroidismo corregge la Disfunzione Erettile e migliora diversi aspetti della sessualità (desiderio, funzione sessuale, controllo eiaculatorio). Anche i disturbi eiaculatori, oltre che dai livelli plasmatici di testosterone e prolattina, sono influenzati dagli Ormoni Tiroidei. L’ipertiroidismo si associa a un’aumento dell’incidenza di eiaculazione precoce a causa dell’aumento dell’attività simpatica e della contrattilità della muscolatura liscia uro-genitale. Al contrario, l’ipotiroidismo è associato ad una maggiore frequenza di eiaculazione ritardata. Le linee guida internazionali non raccomandano il dosaggio degli ormoni tiroidei nello screening della Disfunzione Erettile o della Eiaculazione Precoce in quanto l’incidenza appare al di sotto di 1%, come anche in presenza di disturbi da desiderio sessuale ipoattivo. Gli Ormoni Tiroidei, in particolare la T3, dopo deiodinazione da parte delle desiodasi testicolari, si lega al TRα1 presente negli spermatogoni...

Noduli tiroidei

I noduli tiroidei, singoli o multipli, sono tra le patologie endocrine più frequenti e sono delle protuberanze anomale, una proliferazione di tessuto ghiandolare o una cisti piena di liquido che formano una massa nella tiroide. I noduli tiroidei sono di dimensioni estremamente variabili, possono essere protuberanze singole oppure multiple, possono risiedere sulla superficie della tiroide oppure negli strati più profondi della ghiandola. Ci sono noduli sintomatici e asintomatici. Possono stimolare o deprimere l’attività ormonale della tiroide. Spesso il riscontro di un nodulo avviene in modo casuale ed il paziente si presenta con la convinzione che esso sia di recente insorgenza e ne paventa la natura tumorale. La scoperta accidentale di noduli tiroidei non palpabili nella popolazione generale sta aumentando progressivamente. Tale fenomeno è una conseguenza dell’uso sempre più diffuso della cosiddetta ecografia tiroidea. I noduli sono molto frequenti e le possibilità di svilupparli aumentano con l’età (si stima che per la popolazione con più di 60 anni circa un soggetto su due possa presentare almeno un nodulo). Benché in genere non diano sintomi, un nodulo di grosse dimensioni può talvolta causare dolore o raucedine, nonché interferire con la deglutizione o il respiro. La preoccupazione medica relativa ai noduli è legata alla loro occasionale natura cancerosa. Il cancro della tiroide viene riscontrato in circa l’8% dei noduli nei maschi, nel 4% nelle donne. Il preciso meccanismo fisiopatologico che determina la formazione dei noduli tiroidei è sconosciuto; tuttavia, è un dato di fatto l’esistenza di un collegamento tra queste anomale protuberanze e la presenza di determinate condizioni, quali: la carenza di iodio nella dieta, l’adenoma tiroideo, la tiroidite, le cisti tiroidee, il gozzo e il cancro alla tiroide. La maggior parte dei noduli della tiroide non causa...

Tiroidite cronica autoimmune

La tiroidite cronica autoimmune (o anche tiroidite di Hashimoto) è un processo infiammatorio della ghiandola tiroidea ed è una particolare forma di tiroidite caratterizzata da una cronica infiltrazione linfocitaria. Tale patologia, molto spesso silenziosa, porta di solito ad una graduale, ma progressiva e irreversibile, ipofunzione della tiroide: difatti quando la produzione di ormone tiroideo  diventa insufficiente si instaura un quadro di ipotiroidismo. La tiroidite di Hashimoto è la patologia della tiroide più frequente ed è la causa di ipotiroidismo nelle aree del mondo con un sufficiente apporto di iodio, mentre nelle aree a carenza iodica la tiroidite cronica è ancora oggi una malattia relativamente rara. Nelle donne l’incidenza è di 3,5 casi per 1000 abitanti l’anno negli uomini, invece, è più bassa (0,8 casi per 1000 abitanti l’anno). Fattori di rischio: Genetici: è dimostrata una associazione significativa tra la tiroidite di Hashimoto e alcuni antigeni di istocompatibilità. Gravidanza: una percentuale variabile dall’8% al 10% delle donne in gravidanza sviluppa una tiroidite autoimmune che ha le stesse caratteristiche della tiroidite di Hashimoto dalla quale si differenzia solamente per l’aspetto transitorio. Iodio: le sostanze contenenti iodio hanno la capacità di far precipitare un processo autoimmune nei soggetti predisposti. Età: la prevalenza della patologia tende ad aumentare con l’età. Sesso: la prevalenza della patologia è maggiore nel sesso femminile e quindi probabilmente fattori ormonali possono concorrere alla patogenesi di questa patologia autoimmune. Frequente è la comparsa di gozzo, che avviene solitamente in modo graduale, indolente senza provocare disturbi al paziente, e sebbene lo sviluppo di atrofia tiroidea dovrebbe essere il risultato finale della distruzione autoimmune della ghiandola, la progressione del gozzo verso lo stato atrofico non è di così comune riscontro. In conclusione, quindi,...