fbpx

TSH

Cos’è il TSH? Il TSH è un ormone tireostimolante che influenza direttamente l’attività della ghiandola tiroidea. Chiamato anche tirotropina o tireotropina o ormone tireotropo, il TSH (acronimo dell’inglese Thyroid-stimulating hormone) è un ormone tropico secreto dal lobo anteriore dell’ipofisi (una ghiandola di piccole dimensioni situata alla base del cranio), la quale controlla l’attività secretiva degli ormoni della tiroide. In altre parole, il TSH favorisce l’assorbimento dello iodio e la liberazione degli ormoni T3 e  T4 nel sangue. Il suo rilascio è controllato sia dall’ipotalamo che dall’ipofisi, nel contesto del cosiddetto “Asse Ipotalamo-Ipofisi-Tiroide“, un meccanismo  di autoregolazione degli ormoni tiroidei complesso, ma molto efficiente il rilascio di TSH da parte dell’ipofisi è controllato dall’ormone TRH (tireotropina)  – prodotto e secreto dall’ipotalamo – la cui secrezione è invece inibita dagli ormoni tiroidei circolanti: pertanto quando quest’ultimi sono presenti nel sangue in quantità adeguate, l’ipofisi rallenta la produzione del TSH. È questo il motivo principale secondo il quale la determinazione dell’ormone tireostimolante è il primo esame utile per valutare la funzionalità della tiroide, non solo quando si sospettano problemi, ma anche quando si desidera effettuare un semplice controllo periodico per analizzare lo stato di salute della ghiandola tiroidea. TSH e Tiroide Per capire il ruolo fondamentale svolto dal TSH è necessario conoscere bene la tiroide: una ghiandola a forma farfalla, situata davanti alla trachea, alla base del collo sulla parte anteriore. Gli ormoni  prodotti dalla tiroide – T3 (triiodotironina) e T4 (tiroxina) – si diffondono in tutto l’organismo attraverso la circolazione sanguigna e assolvono a diversi compiti: contribuiscono alla regolazione della temperatura corporea, cooperano per mantenere l’organismo in equilibrio, lo fanno crescere e producono energia. In definitiva, per accertarsi se la tiroide funziona più o meno bene è necessario un semplice esame del sangue che misuri il TSH. TSH e Morbo...

Diabete e disfunzioni sessuali femminili

Fonte SIE – societaitalianadiendocrinologia.it Le disfunzioni sessuali femminili (DSF) costituiscono un gruppo eterogeneo di disordini, caratterizzati da un disturbo clinicamente significativo del desiderio sessuale e/o dei cambiamenti fisico/psicologici nei quali si esprime il ciclo completo della risposta sessuale nella donna. L’associazione fra il diabete mellito e le DSF è nota da oltre tre decadi, grazie alle numerose evidenze scientifiche che hanno documentato l’elevata frequenza di tali disturbi in donne affette da entrambe le principali forme di diabete. Tuttavia, le DSF sembrano legate principalmente a fattori di tipo organico nel diabete tipo 2, dove risultano spesso associate a obesità, sindrome metabolica, dislipidemia aterogena, e complicanze micro-vascolari, e a determinanti di tipo psicopatologico (depressione, stato maritale) nel diabete tipo 1. In entrambi i casi, il peso di fattori di tipo interpersonale, socio-relazionale e ormonale (menopausa, gravidanza, ciclo mestruale) è preponderante rispetto al sesso maschile. La ricerca delle disfunzioni sessuali nella donna affetta diabete può essere facilmente realizzata utilizzando test psicometrici standardizzati auto-somministrati, che consentono la rapida raccolta di informazioni riguardanti la funzione sessuale, applicabili tanto nella fase di screening, quanto nel follow-up terapeutico di pazienti affette da disturbi della sfera sessuale. Ne è esempio il Female Sexual Function Index (FSFI), questionario auto-somministrato di 19 voci ideato per indagare i sei principali domini della funzione sessuale femminile (desiderio, eccitazione, lubrificazione, orgasmo, dolore, soddisfazione), attualmente disponibile anche nella sua forma breve (FSFI-6). L’utilizzo di tali strumenti dovrebbe sempre essere affiancato a quello di altri test volti alla dimostrazione del disagio psichico associato alla presenza di DSF, e ad una completa indagine anamnestica finalizzata a chiarire tutti i fattori psico-sociali che mantengono la struttura psichica orientata verso...

Tiroide, funzione sessuale e riproduttiva maschile

Articolo pubblicato sul sito SIE -societaitalianadiendocrinologia.it Le disfunzioni tiroidee – oltre che i noti effetti sistemici – presentano effetti emergenti sulla funzione sessuale e riproduttiva maschile. Gli studi pre-clinici hanno dimostrato che gli ormoni tiroidei possono concorrere alla regolazione la funzione sessuale attraverso tre meccanismi putativi: il controllo della secrezione di testosterone da parte del cellule del Leydig, soprattutto in epoca peri-puberale; il controllo periferico sulla muscolatura liscia dei corpi cavernosi, attraverso il legame con le identificate isoforme recettoriali TRα1 e TRα2; e il controllo periferico sulla muscolatura liscia delle vescichette seminali, delle ampolle deferenziali e della muscolatura periprostatica modulando la funzione dei recettori adrenergici e l’attività simpatica. Gli studi clinici confermano che l’ipertiroidismo conclamato e sub-clinico presentano un’incidenza maggiore di disfunzione erettile rispetto all’ipotiroidismo clinico e subclinico. La severità della disfunzione erettile correla positivamente con il grado di Disfunzione Tiroidea ed il ripristino dell’eutiroidismo corregge la Disfunzione Erettile e migliora diversi aspetti della sessualità (desiderio, funzione sessuale, controllo eiaculatorio). Anche i disturbi eiaculatori, oltre che dai livelli plasmatici di testosterone e prolattina, sono influenzati dagli Ormoni Tiroidei. L’ipertiroidismo si associa a un’aumento dell’incidenza di eiaculazione precoce a causa dell’aumento dell’attività simpatica e della contrattilità della muscolatura liscia uro-genitale. Al contrario, l’ipotiroidismo è associato ad una maggiore frequenza di eiaculazione ritardata. Le linee guida internazionali non raccomandano il dosaggio degli ormoni tiroidei nello screening della Disfunzione Erettile o della Eiaculazione Precoce in quanto l’incidenza appare al di sotto di 1%, come anche in presenza di disturbi da desiderio sessuale ipoattivo. Gli Ormoni Tiroidei, in particolare la T3, dopo deiodinazione da parte delle desiodasi testicolari, si lega al TRα1 presente negli spermatogoni...

Gozzo tiroideo

Il gozzo della tiroide (gozzo – struma tiroideo) è una delle più frequenti patologie tiroidee ed è un ingrossamento di volume e peso della tiroide, che si manifesta con un rigonfiamento più o meno evidente e simmetrico del collo. Si parla comunemente di gozzo semplice quando la tiroide è uniformemente aumentata di volume, senza la presenza di noduli. Il gozzo endemico lo troviamo quando è legato a fattori ambientali, come per esempio, la carenza di iodio. Infine abbiamo il gozzo multinodulare, quando quello semplice con il tempo sviluppa noduli. Continuando ad osservare le varie tipologie, possiamo poi distinguere tra il gozzo uninodulare tossico (anche chiamato morbo di Plummer), una patologia poco diffusa e caratterizzato da un tumore benigno nella tiroide, e il gozzo multinodulare tossico il quale presenta al proprio interno uno o più noduli in grado di crescere e produrre ormoni tiroidei in modo autonomo e che a distanza di tempo può portare all’ipertiroidismo. Tra le altre disfunzioni si conta anche il gozzo diffuso tossico (morbo di Basedow), considerata una malattia autoimmune ed è la causa più frequente di ipertiroidismo. In gravidanza, durante la gestazione viene prodotto un ormone, noto come gonadotropina corionica umana (HCG), che può provocare un lieve ed uniforme ingrossamento della tiroide. Si tratta di un gozzo diffuso e transitorio. Nella maggior parte dei casi il gozzo è ben tollerato (è più impattante a livello estetico). Molto spesso questo disturbo causa difficoltà respiratoria, fatica deglutire, deviazione della trachea e dell’esofago, cefalea, disfonia e tachicardia. La diagnosi si basa essenzialmente sulla palpazione del collo abbinata ad alcuni esami del...

Noduli tiroidei

I noduli tiroidei, singoli o multipli, sono tra le patologie endocrine più frequenti e sono delle protuberanze anomale, una proliferazione di tessuto ghiandolare o una cisti piena di liquido che formano una massa nella tiroide. I noduli tiroidei sono di dimensioni estremamente variabili, possono essere protuberanze singole oppure multiple, possono risiedere sulla superficie della tiroide oppure negli strati più profondi della ghiandola. Ci sono noduli sintomatici e asintomatici. Possono stimolare o deprimere l’attività ormonale della tiroide. Spesso il riscontro di un nodulo avviene in modo casuale ed il paziente si presenta con la convinzione che esso sia di recente insorgenza e ne paventa la natura tumorale. La scoperta accidentale di noduli tiroidei non palpabili nella popolazione generale sta aumentando progressivamente. Tale fenomeno è una conseguenza dell’uso sempre più diffuso della cosiddetta ecografia tiroidea. I noduli sono molto frequenti e le possibilità di svilupparli aumentano con l’età (si stima che per la popolazione con più di 60 anni circa un soggetto su due possa presentare almeno un nodulo). Benché in genere non diano sintomi, un nodulo di grosse dimensioni può talvolta causare dolore o raucedine, nonché interferire con la deglutizione o il respiro. La preoccupazione medica relativa ai noduli è legata alla loro occasionale natura cancerosa. Il cancro della tiroide viene riscontrato in circa l’8% dei noduli nei maschi, nel 4% nelle donne. Il preciso meccanismo fisiopatologico che determina la formazione dei noduli tiroidei è sconosciuto; tuttavia, è un dato di fatto l’esistenza di un collegamento tra queste anomale protuberanze e la presenza di determinate condizioni, quali: la carenza di iodio nella dieta, l’adenoma tiroideo, la tiroidite, le cisti tiroidee, il gozzo e il cancro alla tiroide. La maggior parte dei noduli della tiroide non causa...