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Diabete e disfunzioni sessuali femminili

Fonte SIE – societaitalianadiendocrinologia.it Le disfunzioni sessuali femminili (DSF) costituiscono un gruppo eterogeneo di disordini, caratterizzati da un disturbo clinicamente significativo del desiderio sessuale e/o dei cambiamenti fisico/psicologici nei quali si esprime il ciclo completo della risposta sessuale nella donna. L’associazione fra il diabete mellito e le DSF è nota da oltre tre decadi, grazie alle numerose evidenze scientifiche che hanno documentato l’elevata frequenza di tali disturbi in donne affette da entrambe le principali forme di diabete. Tuttavia, le DSF sembrano legate principalmente a fattori di tipo organico nel diabete tipo 2, dove risultano spesso associate a obesità, sindrome metabolica, dislipidemia aterogena, e complicanze micro-vascolari, e a determinanti di tipo psicopatologico (depressione, stato maritale) nel diabete tipo 1. In entrambi i casi, il peso di fattori di tipo interpersonale, socio-relazionale e ormonale (menopausa, gravidanza, ciclo mestruale) è preponderante rispetto al sesso maschile. La ricerca delle disfunzioni sessuali nella donna affetta diabete può essere facilmente realizzata utilizzando test psicometrici standardizzati auto-somministrati, che consentono la rapida raccolta di informazioni riguardanti la funzione sessuale, applicabili tanto nella fase di screening, quanto nel follow-up terapeutico di pazienti affette da disturbi della sfera sessuale. Ne è esempio il Female Sexual Function Index (FSFI), questionario auto-somministrato di 19 voci ideato per indagare i sei principali domini della funzione sessuale femminile (desiderio, eccitazione, lubrificazione, orgasmo, dolore, soddisfazione), attualmente disponibile anche nella sua forma breve (FSFI-6). L’utilizzo di tali strumenti dovrebbe sempre essere affiancato a quello di altri test volti alla dimostrazione del disagio psichico associato alla presenza di DSF, e ad una completa indagine anamnestica finalizzata a chiarire tutti i fattori psico-sociali che mantengono la struttura psichica orientata verso...

Diabete gestazionale

Che cos’è il diabete gestazionale? Il diabete gestazionale (diabete mellito gestazionale GDM) è un disordine della regolazione del glucosio di entità variabile, che viene diagnosticato oppure inizia per la prima volta durante la gravidanza e, di solito, si risolve anche subito dopo il parto. Il diabete gestazionale si manifesta con sintomi poco evidenti e passa spesso inosservato alle donne, ma grazie ad una precisa analisi delle condizioni della gestante, in particolar modo vanno analizzati i valori glicemici, è possibile intuire la sua presenza. I sintomi del diabete gestazionale Bisogna tenere sotto controllo i seguenti sintomi: aumento ingiustificato della sete frequente bisogno di urinare perdita di peso corporeo nonostante l’aumento della fame, nausea e vomito (molto comuni in gravidanza e quindi poco significativi) disturbi della vista infezioni frequenti come cistiti e candidosi Fattori di rischio Le donne che presentano i seguenti fattori di rischio sono invitate da subito a monitorare la propria glicemia: familiarità diabetica importante sovrappeso e/o obesità prima della gravidanza diabete gestazionale in una precedente gravidanza precedente parto di bambini di peso superiore a 4,5 kg forte glicosuria età piuttosto avanzata per la gravidanza (superiore a 35 anni) etnie a maggiore rischio Raccomandazioni e linee guida Ultimamente sono state emanate delle raccomandazioni per lo screening e la diagnosi di diabete gestazionale, per affrontare in modo migliore il diabete gestazionale e scongiurare l’insorgere di complicanze a carico sia della madre che del bambino. I dati necessari da tenere in considerazione sono: la glicemia a digiuno e due ore dopo i pasti l’emoglobina glicata (si tratta del test che misura il valore glicemico medio degli ultimi mesi) Le nuove raccomandazioni stabiliscono l’approccio per una diagnosi precoce, in particolar modo durante la...

Diabete e Parodondite

Documento Congiunto AMD-SID-SIdP su Diabete Parodondite Il diabete e la parodontite sono due patologie correlate al punto che è stata teorizzata una relazione a due vie: Il soggetto con diabete ha una tendenza a sviluppare parodontite e il soggetto con parodontite ha una tendenza a sviluppare diabete. Il Diabete come rischio per la parodondite La maggiore suscettibilità alla parodontite nei diabetici è dovuta alla risposta alterata in seguito a insulto batterico dei batteri parodontopatogeni associata a una disbiosi del biofilm sottogengivale. Questa alterazione è possibile tramite tre meccanismi: A. Citochine/adipochine, B. Immunità cellulare alterata e C. iperglicemia. Il diabete influenza qualitativamente e quantitativamente il profilo citochinico dei pazienti con parodontite. Infatti, i soggetti con DT2 e parodontite mostrano, rispetto ai diabetici senza parodontite, un maggiore livello di citochine ematiche e a livello del fluido gengivale crevicolare; lo stesso quadro è osservabile nel DT1. Nei monociti di soggetti con DT1 e parodontite è stata descritta una maggiore produzione di IL-1β, TNF-α, PGE2 dopo stimolazione con Lipopolisaccaride rispetto a soggetti senza DT1. Inoltre, nei soggetti con diabete si ha una risposta immune mediata da neutrofili deficitaria a livello gengivale. L’iperglicemia ha un impatto sulla salute parodontale grazie a quattro meccanismi fondamentali correlati a 1)stress cellulare; 2) advanced glycation end- products(AGEs) e loro recettori RAGE; 3) omeostasi dell’osso alveolare; e 4) disbiosi del biofilm batterico. Esiste una relazione diretta fra la gravità ed estensione della parodontite e il peggioramento del controllo glicemico. Tale condizione è responsabile di una ridotta produzione di collagene e incremento di attività collagenolitica dei fibroblasti gengivali e parodontali Proteine glicosilate (advanced glycation end-products, AGEs) sono presenti nei tessuti...

Diabete Infantile

Il diabete di tipo 1 è una malattia con la quale si deve imparare a convivere, a partire dalla diagnosi. Per quanto riguarda l’esordio, se questo avviene in età infantile (diabete infantile) ci possono essere alcune complicazioni dovute alle difficoltà diagnostica, difatti il rischio è che il bimbo si renda conto di avere il diabete proprio perché finisce in ospedale a causa delle sue condizioni critiche (dovute all’accumulo di corpi chetonici nel sangue) e la cui causa – il diabete appunto –  viene individuata solo dopo. Il professor Mohamad Maghnie, presidente SIEDP e responsabile dell’unità operativa di endocrinologia clinica del Gaslini di Genova, nel presentare il XX congresso della SIEDP Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia pediatrica ha spiegato che: «Negli ultimi anni, sono morti in Italia diversi bambini per complicanze del diabete infantile che possono provocare lesioni cerebrali fatali» La chetoacidosi, che rappresenta il sintomo d’esordio per molti pazienti, è una grave complicanza metabolica che consiste nell’accumulo di corpi chetonici nel sangue. La soluzione è una sola: essere informati, conoscere i sintomi e agire in modo tempestivo. Il diabete infatti non è del tutto silenzioso, ma lancia dei segnali, che bisogna saper riconoscere e interpretare.  A tale scopo è importante che genitori e insegnanti sappiano quali siano. La sete eccessiva, la frequente esigenza di urinare, per esempio, sono due fattori chiave, che andrebbero sempre segnalati e tenuti sotto controllo. In più i bambini con diabete hanno la tendenza a perdere peso e faticano a crescere. Per aiutare i genitori e gli insegnanti, nel 2016 partirà una campagna educazionale, con lo scopo di ridurre i casi di complicanze: «oggi...

Terapia sostitutiva con testosterone per i pazienti diabetici

La terapia sostitutiva con testosterone potrebbe apportare un doppio beneficio agli uomini con diabete di tipo 2 e bassi livelli di testosterone. La sostituzione ormonale non solo normalizza i loro livelli di testosterone ma aumenta anche la sensibilità insulinica dei pazienti, riferiscono alcuni ricercatori statunitensi su “Diabetes Care”. Gli scienziati dell’Università di Buffalo (New York) hanno condotto uno studio randomizzato su 94 uomini con diabete di tipo 2. Prima del trattamento, 44 partecipanti con bassi livelli di testosterone presentavano livelli notevolmente inferiori dei geni di segnalazione dell’insulina e, di conseguenza, avevano una sensibilità insulinica ridotta. Per 24 settimane hanno ricevuto un’iniezione di testosterone oppure un placebo. Lo studio ha dimostrato che la sensibilità insulinica era notevolmente aumentata con le iniezioni di testosterone. Quale risposta all’insulina, l’assorbimento di glucosio nei tessuti è aumentato del 32 per cento. Inoltre, vi era un aumento nell’espressione dei principali geni di segnalazione dell’insulina. Non solo, il trattamento ha condotto a una riduzione significativa del grasso corporeo e, contemporaneamente, a un aumento della massa muscolare, ciascuno di tre chilogrammi (mentre non vi era alcuna alterazione del peso corporeo). Sebbene i livelli di HbA1c non fossero alterati, i livelli glicemici a digiuno si sono ridotti considerevolmente di dodici milligrammi per decilitro. Secondo i ricercatori, potrebbe essere necessario un trattamento più lungo per mostrare effetti sui livelli di HbA1c. “Si tratta della prima evidenza definitiva del dato che il testosterone è un sensibilizzatore dell’insulina e quindi un ormone metabolico”, ha sottolineato l’autore senior Paresh Dandona. Per maggiori informazioni o per prenotare una visita endocrinologica clicca sull’immagine sottostante 🙂 Fonte:...

Diabete Tipo 2

Questo articolo ha l’obiettivo di fare un po’ di chiarezza sul diabete di tipo 2, tuttavia il consiglio è sempre quello di rivolgervi al vostro medico specialista endocrinologo di fiducia, mi raccomando Diabete Tipo 2 Il diabete mellito di tipo 2 è certamente la forma di diabete più frequente (infatti colpisce circa il 90% dei casi) ed è prettamente tipico dell’età adulta (a differenza del diabete tipo 1 che è per l’appunto chiamato diabete infantile). È caratterizzato da un duplice difetto: non viene prodotta una quantità sufficiente di insulina per soddisfare le necessità dell’organismo (deficit di secrezione di insulina) oppure l’insulina prodotta non agisce in maniera soddisfacente (insulino resistenza). Il risultato, in entrambi i casi,  è il conseguente incremento dei livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia). Questo tipo di diabete è detto non insulino-dipendente perché l’iniezione di insulina esterna – come invece accade con il diabete di tipo 1 – non è di vitale importanza. Le cause alla base dell’insorgenza della malattia vanno generalmente ricercate in fattori ereditari ed ambientali. Attraverso studi approfonditi si è evidenziato che esiste un fattore di trasmissione ereditario, non ancora ben chiarito, che espone alcune popolazioni o addirittura alcune famiglie a tale patologia. Alla ereditarietà si affiancano aspetti caratteristici della persona quali l’obesità: le cellule hanno bisogno di zucchero per vivere, tanto maggiore è il numero di cellule da alimentare tanto maggiore sarà il fabbisogno di insulina. Nelle persone obese, quindi, l’insulina viene prodotta ma non in quantità sufficiente. La vita sedentaria, lo stress e alcune malattie ricadono nell’elenco dei fattori ambientali scatenanti. Esse impongono al pancreas un lavoro aggiuntivo poiché aumentano il fabbisogno di...