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Amenorrea

Disturbi del ciclo mestruale: Amenorrea Per amenorrea si intende l’assenza del flusso mestruale nel periodo della maturità sessuale. Esistono vari tipi di amenorre, ma solo due sono fisiologiche, cioè l’amenorrea gravidica e l’amenorrea da allattamento, tutte le altre devono essere considerate come patologiche patologiche e vanno classificate come: amenorrea primaria: si ha quando all’età di 18 anni non sono ancora comparsi i flussi mestruali amenorrea secondaria: si intende l’assenza di flussi mestruali per almeno 3 mesi dopo un periodo di cicli regolari Per far sì che nell’età puberale ci sia il menarca e abbia inizio il ritmico succedersi dei cicli mestruali sono necessarie le seguenti condizioni: l’integrità anatomica delle vie genitali: infatti affinché il sangue mestruale fuoriesca è necessaria la pervietà delle basse vie genitali e cioè del canale cervicale, del canale vaginale e dell’ostio vulvo vaginale la maturazione e la coordinazione funzionale dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovario con produzione dell’ovaio di estrogeni e progesterone in quantità adeguate che inducono prima la proliferazione dell’endometrio e poi in assenza di fenomeni gravidici la sua desquamazione Pertanto per iniziare a fare un po’ di chiarezza le amenorree possono essere dovute a: alterazioni anatomo-funzionali dell’utero e delle basse vie genitali (amenorree uterine e vaginali) alterazioni anatomo-funzionali dell’ovario (amenorree ovariche) alterazioni dell’adenoipofisi e/o dell’ipotalamo (amenorree ipotalamo-ipofisiarie) in coordinazione funzionale dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovario (amenorree da alterazione dei meccanismi di feed-back) patologie extragenitali: endocrinpatie extragenitali, malattie generali, disturbi metabolici. Amenorrea di origine uterina e vaginale Tra le alterazioni dell’utero e delle basse vie genitali che determinano amenorrea primaria ci sono le malformazioni congenite: agenesia parziale o totale della vagina, agenesia uterina, atresia cervicale, atresia del cavo uterino. Una delle sindromi...

Sindrome di Prader-Willi

La Sindrome di Prader-Willi (PWS) fu descritta per la prima volta dalla scuola di Zurigo nel 1956 da Andrea Prader (Pediatra), Alexis Labhart (Internista), Heinrich Willi (Neonatologo). La Sindrome di Prader-Willi (PWS) è una patologia multisistemica congenita con una considerevole variabilità clinica e rappresenta la causa più comune di obesità sindromica, su base genetica. Alla base della sindrome vi sono differenti meccanismi genetici che portano all’assenza di espressione dei geni paterni, normalmente attivi, presenti nella regione del cromosoma 15 (15qll-13). La Sindrome di Prader-Willi (PWS) è una patologia rara la cui prevalenza riportata in letteratura è variabile tra 1:15000 e 1:25000; è possibile che tale ampia variabilità nella stima della prevalenza possa essere in parte attribuibile a fenomeni di sottodiagnosi. Colpisce indistintamente i 2 sessi e non sembra essere associata a particolari etnie, anche se è stata osservata una prevalenza maggiore nella popolazione caucasica. Il quadro clinico della sindrome di Prader-Willi (PWS), alla cui base sembra esservi una disfunzione ipotalamica, presenta una notevole complessità e variabilità tra i diversi pazienti e anche nel corso della vita stessa del soggetto. L’andamento è tipicamente bifasico; infatti il periodo neonatale e la prima infanzia sono caratterizzati da una marcata ipotonia muscolare, condizionante difficoltà di suzione con scarso accrescimento ponderale e ritardata acquisizione delle principali tappe dello sviluppo psicomotorio. Successivamente, tra il secondo e il quarto anno di vita, si assiste al progressivo miglioramento dell’ipotonia ed alla comparsa di una iperfagia ingravescente, secondaria ad un mancato senso di sazietà. In pochi anni, in assenza di un adeguato trattamento, si instaura un’obesità di grado elevato resistente al trattamento dietetico e farmacologico, che porta nelle età successive a gravi complicanze di natura cardiorespiratoria, metabolica ed osteoarticolare. A tali problematiche si devono aggiungere disfunzioni endocrine (criptorchidismo...

Sintomi dell’irsutismo

I peli superflui e la loro intensa presenza può senza dubbio condizionare la vita e in maniera non indifferente l’identità femminile di una donna, soprattutto in una società come la nostra dove l’immagine e l’esteriorità corporea, il vedersi e sentirsi bene con il proprio corpo hanno grande importanza per la salute fisica e mentale. Da ciò si può ben capire come per una donna, soprattutto giovane, la comparsa di una peluria in eccesso sul proprio corpo possa anche compromettere i rapporti interpersonali ed il relazionarsi con gli altri. Irsutismo ed ipertricosi Per capire meglio le cause del disturbo dell’eccessiva peluria femminile bisogna innanzitutto dare una definizione in senso stretto di irsutismo e ipertricosi. L’ irsutismo femminile viene definito come eccessivo sviluppo di peli in sedi maschili, ove normalmente non sono presenti nella donna con sviluppo di barba e baffi, presenza di peli sul mento, all’addome, al petto e intorno all’areola mammaria ed una distribuzione a losanga dei peli al pube; è provocato da un eccesso di testosterone, non è sempre su base genetica e risulta spesso connesso ad una condizione morbosa. L’ ipertricosi femminile comporta invece una peluria generalizzata con aumento dei peli in regioni nelle quali sono normalmente presenti ma, ad eccezione dei peli sessuali (pube e ascelle), non particolarmente visibili. Al contrario dell’irsutismo non è una condizione androgeno-dipendente, ma piuttosto legata a familiarità e razza ed ha quindi carattere “benigno”. Come si può ben capire non è solo una questione di estetica. La peluria eccessiva sul corpo di una donna non è però solo un disagio di natura estetica in quanto può essere secondaria a seri problemi...

Irsutismo e Ipertricosi

Oggi parliamo di un disturbo molto particolare, l’irsutismo. In breve l’irsutismo è una presenza eccessiva (e spesso abnorme) presenza di peli in zone cutanee femminili, che generalmente invece si presentano glabre, come il volto, la cute toracica, la zona addominale, quella pubica, la dorsale e i glutei. Invece l’ipertricosi è una situazione di oggettivo, o solo soggettivo, aumento di peli. In pratica, i peli aumentano in regioni cutanee femminili dove sono normalmente presenti. Spesso la parte interessata è quella del volto. Scendendo maggiormente nel dettaglio vediamo che l’irsutismo è generato da una alterazione degli androgeni circolanti oppure da una differente sensibilità dei follicoli piliferi agli androgeni. La crescita del follicolo pilifero è composta da tre fasi: anagen (fase di crescita) catagen (fase di involuzione) telogen (fase di riposo). Gli androgeni incrementano il volume del follicolo pilifero, il diametro delle fibre del fusto, e la durata della fase anagen. Nelle donne dunque un eccesso di androgeni comporterà un incremento della crescita di peli nelle zone androgeno-sensibili ed in particolare una perdita di peli nella regione dello scalpo riducendo in quest’area il tempo in cu il pelo è nella fase anagen. La sindrome da eccesso di androgeni nasce dunque da uno squilibrio della crescita del pelo terminale, cioè da una differente modulazione differenziativa della ghiandola sebacea e di tutta la unità pilosebacea, che comporta proprio ad opera degli androgeni, la trasformazione del pelo vellico in pelo terminale e in generale un maggiore stimolo proliferativo della intera unità pilo-sebacea. Esistono due condizioni caratterizzate da crescita generale della peluria che si differenziano dal vero e proprio irsutismo: la crescita della peluria androgeno-indipendente, caratterizzata dall’aumento in...

Morbo di Basedow

Morbo di Basedow o Gozzo Tossico Diffuso Il Morbo di Carl Adolph Von Basedow (1840), così chiamato in Europa, ma ugualmente conosciuto sotto gli eponimi di Morbo di Graves (1835) nei paesi anglosassoni, ma anche Morbo di Parry (1825) o Flajani (1802) o Testa (1810), dal nome dei primi autori che si contesero il primato di avere descritto per primi la malattia, è una sindrome da iperfunzione della ghiandola tiroidea, su base autoimmunitaria organo-specifica. È la forma più frequente di ipertiroidismo, con un incidenza di 1-2 casi per 1000 abitanti l’anno, con una prevalenza di circa il 2,5-3% e che predilige il sesso femminile (F/M = 5-10:1) nella 3^ e 4^ decade di vita. E’ una malattia con forte componente genetica con dimostrata associazione nel 56% circa dei casi con il sistema HLA-B8 e DR3 nelle popolazioni di razza bianca, mentre nei giapponesi l’aplotipo HLA più frequentemente riscontrato è il BW-35 e il DW-12, nei cinesi il BW46. Il Morbo di Basedow è caratterizzato dalla presenza nel siero dei pazienti affetti di anticorpi diretti contro il recettore del TSH (TRAb: anticorpi anti-recettore del TSH), di tipo stimolante (TSAb), patognomonici della sindrome, che determinano una condizione di iperattivazione funzionale ghiandolare con aumento in circolo di entrambi gli ormoni tiroidei FT4 ed FT3 con blocco del TSH, quasi sempre indosabile. Più raramente si può osservare una prevalente elevazione della sola FT3 (T3 tossicosi) ed inoltre non è infrequente il riscontro di elevati valori degli AbTPO e AbTg. Gli anticorpi tireostimolanti (TSAb) correlano sia con lo stato di attività della malattia che con la comparsa di recidive. La sintomatologia classica della malattia,...