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Informazioni sugli interventi chirurgici per patologia tiroidea

Patologia tiroidea ed interventi chirurgici L’intervento chirurgico è indicato nei casi di alterazioni della funzionalità della tiroide che comportino un aumento di volume della ghiandola (con disturbi compressivi su organi vicini o danno estetico) o non siano curabili con terapia medica e per le neoplasie (benigne e maligne). In particolare, le malattie che colpiscono la tiroide con maggior frequenza sono: il gozzo semplice (uni o multi-nodulare); il gozzo tossico (uni o multi-nodulare); il gozzo tossico diffuso (morbo di Basedow); gli adenomi normofunzionanti; gli adenomi iperfunzionanti o tossici (adenoma di Plummer); i carcinomi. Per gozzo semplice (o struma) si intende l’aumento di volume della tiroide causato da un’alterazione della funzionalità della ghiandola, ma con normali valori ematici di ormoni tiroidei. Il gozzo si manifesta inizialmente come una tumefazione asintomatica alla base del collo. A causa del progressivo aumento di volume, possono comparire sintomi da compressione: senso di massa al collo, difficoltà respiratorie, tosse, problemi di deglutizione, modificazioni del tono della voce. È rara la comparsa di dolore, generalmente legato a fenomeni emorragici. Qualora nel contesto del gozzo siano presenti noduli che producono un eccesso di ormoni tiroidei (gozzo uni-multinodulare tossico), compaiono sintomi da iperfunzione tiroidea: tremore, insonnia, dimagramento, tachicardia e altre alterazioni del ritmo cardiaco fino alla fibrillazione atriale (= tachiaritmia cardiaca). In alcuni casi il gozzo può aumentare di volume, tendendo a svilupparsi dietro lo sterno (gozzo retrosternale), con disturbi compressivi che complicano il trattamento chirurgico. La terapia è inizialmente di tipo farmacologico (ormoni tiroidei in caso di normo- e ipofunzione, farmaci anti-tiroidei in caso di iperfunzione). Il trattamento chirurgico è indicato nel caso di insuccesso della terapia medica:...

Anticipo mestruazioni

Il ciclo mestruale è il periodo compreso tra due mestruazioni successive, generalmente si parla di un lasso di tempo di 28 giorni. Molte donne tuttavia presentano dei cicli irregolari, con anticipo mestruazioni (polimenorrea) o al contrario eccessivo ritardo delle mestruazioni (oligomenorrea). Questa condizione di irregolarità è tipica nelle giovani adolescenti, nei primi anni dopo il menarca, e generalmente si associa anche ad ipermenorrea, ovvero un ciclo abbondante e prolungato nel tempo. Può anche ripresentarsi comunemente nel periodo immediatamente precedente alla menopausa, quando si verifica un’alterazione dei livelli ormonali che accompagna tipicamente vampate e sbalzi d’umore. Inoltre è possibile che durante l’età fertile lo stress, un cambio di abitudini, l’attività fisica eccessiva, una dieta drastica o l’eccessiva stanchezza possano influenzare la durata del ciclo mestruale, favorendo un anticipo delle mestruazioni. In questi casi non bisogna preoccuparsi, si tratta di situazioni molto comuni nelle donne e destinate a risolversi da sè e in breve tempo. Il campanellino d’allarme deve suonare quando il fenomeno diventa una costante. Ogni ciclo mestruale ha un intervallo che può variare dai 25 ai 36 giorni. All’interno di questo range i valori sono da considerarsi normali; qualora ci sia una riduzione eccessiva del lasso di tempo tra una mestruazione e quella successiva, è bene indagare sulla causa del fenomeno. Per diagnosticare un disturbo da polimenorrea, l’evento non deve essere essere isolato, ma deve presentarsi in maniera sistematica ad ogni ciclo mestruale. La polimenorrea potrebbe avere numerose cause, ma quella più diffusa è un’alterazione a carico dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaie. Il funzionamento di queste tre strutture è a cascata: i comandi vengono trasmessi da un punto all’altro grazie al rilascio...

Diabete e Parodondite

Documento Congiunto AMD-SID-SIdP su Diabete Parodondite Il diabete e la parodontite sono due patologie correlate al punto che è stata teorizzata una relazione a due vie: Il soggetto con diabete ha una tendenza a sviluppare parodontite e il soggetto con parodontite ha una tendenza a sviluppare diabete. Il Diabete come rischio per la parodondite La maggiore suscettibilità alla parodontite nei diabetici è dovuta alla risposta alterata in seguito a insulto batterico dei batteri parodontopatogeni associata a una disbiosi del biofilm sottogengivale. Questa alterazione è possibile tramite tre meccanismi: A. Citochine/adipochine, B. Immunità cellulare alterata e C. iperglicemia. Il diabete influenza qualitativamente e quantitativamente il profilo citochinico dei pazienti con parodontite. Infatti, i soggetti con DT2 e parodontite mostrano, rispetto ai diabetici senza parodontite, un maggiore livello di citochine ematiche e a livello del fluido gengivale crevicolare; lo stesso quadro è osservabile nel DT1. Nei monociti di soggetti con DT1 e parodontite è stata descritta una maggiore produzione di IL-1β, TNF-α, PGE2 dopo stimolazione con Lipopolisaccaride rispetto a soggetti senza DT1. Inoltre, nei soggetti con diabete si ha una risposta immune mediata da neutrofili deficitaria a livello gengivale. L’iperglicemia ha un impatto sulla salute parodontale grazie a quattro meccanismi fondamentali correlati a 1)stress cellulare; 2) advanced glycation end- products(AGEs) e loro recettori RAGE; 3) omeostasi dell’osso alveolare; e 4) disbiosi del biofilm batterico. Esiste una relazione diretta fra la gravità ed estensione della parodontite e il peggioramento del controllo glicemico. Tale condizione è responsabile di una ridotta produzione di collagene e incremento di attività collagenolitica dei fibroblasti gengivali e parodontali Proteine glicosilate (advanced glycation end-products, AGEs) sono presenti nei tessuti...

Esami Tiroide

Il corretto percorso di accertamento di un eventuale malfunzionamento della tiroide prevede che i possibili campanelli d’allarme vengano prima di tutto approfonditi con il proprio medico generico, al quale  spetta optare per la valutazione della funzionalità tiroidea. In particolare, il test di dosaggio del TSH è comunemente ritenuto l’esame più accurato per analizzare l’attività della ghiandola tiroidea. Questo esame consiste semplicemente in un prelievo di sangue rivolto a testare i livelli di TSH (ormone che stimola la tiroide a produrre gli ormoni T3 – T4). Se il TSH è ridotto, significa che la ghiandola sta funzionando troppo (ipertiroidismo), in caso contrario, se presenta valori elevati, la tiroide sta lavorando troppo poco (ipotiroidismo). Un tempo era possibile individuare un problema alla tiroide solo quando le patologie conseguenti arrivavano a uno stadio avanzato; oggi sono invece disponibili metodi sofisticati in grado di dosare concentrazioni infinitesimali di TSH e che permettono di diagnosticare eventuali disfunzioni a stadi molto prematuri, addirittura prima della comparsa dei sintomi. Grazie alla diagnosi precoce sarà quindi possibile seguire per tempo una terapia personalizzata in grado di prevenire l’insorgere di problemi gravi e limitare le conseguenze sull’organismo. In caso di riscontro di ipotiroidismo potrà essere eseguito il dosaggio degli anticorpi anti-tiroide, in particolare degli Ab anti-TPO, per escludere la presenza di una tiroidite autoimmune. Solo in alcuni casi particolari, vengono effettuati esami di laboratorio più complicati, come il test al TRH, nel quale viene iniettato al paziente questo ormone che stimola l’ipofisi a produrre TSH, per poi valutare a tempi prefissati la risposta dell’ipofisi tramite il dosaggio del TSH e capire se esistono anomalie. Se i risultati dei...

Diabete Infantile

Il diabete di tipo 1 è una malattia con la quale si deve imparare a convivere, a partire dalla diagnosi. Per quanto riguarda l’esordio, se questo avviene in età infantile (diabete infantile) ci possono essere alcune complicazioni dovute alle difficoltà diagnostica, difatti il rischio è che il bimbo si renda conto di avere il diabete proprio perché finisce in ospedale a causa delle sue condizioni critiche (dovute all’accumulo di corpi chetonici nel sangue) e la cui causa – il diabete appunto –  viene individuata solo dopo. Il professor Mohamad Maghnie, presidente SIEDP e responsabile dell’unità operativa di endocrinologia clinica del Gaslini di Genova, nel presentare il XX congresso della SIEDP Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia pediatrica ha spiegato che: «Negli ultimi anni, sono morti in Italia diversi bambini per complicanze del diabete infantile che possono provocare lesioni cerebrali fatali» La chetoacidosi, che rappresenta il sintomo d’esordio per molti pazienti, è una grave complicanza metabolica che consiste nell’accumulo di corpi chetonici nel sangue. La soluzione è una sola: essere informati, conoscere i sintomi e agire in modo tempestivo. Il diabete infatti non è del tutto silenzioso, ma lancia dei segnali, che bisogna saper riconoscere e interpretare.  A tale scopo è importante che genitori e insegnanti sappiano quali siano. La sete eccessiva, la frequente esigenza di urinare, per esempio, sono due fattori chiave, che andrebbero sempre segnalati e tenuti sotto controllo. In più i bambini con diabete hanno la tendenza a perdere peso e faticano a crescere. Per aiutare i genitori e gli insegnanti, nel 2016 partirà una campagna educazionale, con lo scopo di ridurre i casi di complicanze: «oggi...