Morbo di Basedow o Gozzo Tossico Diffuso Il Morbo di Carl Adolph Von Basedow (1840), così chiamato in Europa, ma ugualmente conosciuto sotto gli eponimi di Morbo di Graves (1835) nei paesi anglosassoni, ma anche Morbo di Parry (1825) o Flajani (1802) o Testa (1810), dal nome dei primi autori che si contesero il primato di avere descritto per primi la malattia, è una sindrome da iperfunzione della ghiandola tiroidea, su base autoimmunitaria organo-specifica. È la forma più frequente di ipertiroidismo, con un incidenza di 1-2 casi per 1000 abitanti l’anno, con una prevalenza di circa il 2,5-3% e che predilige il sesso femminile (F/M = 5-10:1) nella 3^ e 4^ decade di vita. E’ una malattia con forte componente genetica con dimostrata associazione nel 56% circa dei casi con il sistema HLA-B8 e DR3 nelle popolazioni di razza bianca, mentre nei giapponesi l’aplotipo HLA più frequentemente riscontrato è il BW-35 e il DW-12, nei cinesi il BW46. Il Morbo di Basedow è caratterizzato dalla presenza nel siero dei pazienti affetti di anticorpi diretti contro il recettore del TSH (TRAb: anticorpi anti-recettore del TSH), di tipo stimolante (TSAb), patognomonici della sindrome, che determinano una condizione di iperattivazione funzionale ghiandolare con aumento in circolo di entrambi gli ormoni tiroidei FT4 ed FT3 con blocco del TSH, quasi sempre indosabile. Più raramente si può osservare una prevalente elevazione della sola FT3 (T3 tossicosi) ed inoltre non è infrequente il riscontro di elevati valori degli AbTPO e AbTg. Gli anticorpi tireostimolanti (TSAb) correlano sia con lo stato di attività della malattia che con la comparsa di recidive. La sintomatologia classica della malattia,...
Il corretto percorso di accertamento di un eventuale malfunzionamento della tiroide prevede che i possibili campanelli d’allarme vengano prima di tutto approfonditi con il proprio medico generico, al quale spetta optare per la valutazione della funzionalità tiroidea. In particolare, il test di dosaggio del TSH è comunemente ritenuto l’esame più accurato per analizzare l’attività della ghiandola tiroidea. Questo esame consiste semplicemente in un prelievo di sangue rivolto a testare i livelli di TSH (ormone che stimola la tiroide a produrre gli ormoni T3 – T4). Se il TSH è ridotto, significa che la ghiandola sta funzionando troppo (ipertiroidismo), in caso contrario, se presenta valori elevati, la tiroide sta lavorando troppo poco (ipotiroidismo). Un tempo era possibile individuare un problema alla tiroide solo quando le patologie conseguenti arrivavano a uno stadio avanzato; oggi sono invece disponibili metodi sofisticati in grado di dosare concentrazioni infinitesimali di TSH e che permettono di diagnosticare eventuali disfunzioni a stadi molto prematuri, addirittura prima della comparsa dei sintomi. Grazie alla diagnosi precoce sarà quindi possibile seguire per tempo una terapia personalizzata in grado di prevenire l’insorgere di problemi gravi e limitare le conseguenze sull’organismo. In caso di riscontro di ipotiroidismo potrà essere eseguito il dosaggio degli anticorpi anti-tiroide, in particolare degli Ab anti-TPO, per escludere la presenza di una tiroidite autoimmune. Solo in alcuni casi particolari, vengono effettuati esami di laboratorio più complicati, come il test al TRH, nel quale viene iniettato al paziente questo ormone che stimola l’ipofisi a produrre TSH, per poi valutare a tempi prefissati la risposta dell’ipofisi tramite il dosaggio del TSH e capire se esistono anomalie. Se i risultati dei...
Il nodulo tiroideo può essere unico, chiamato anche nodulo tiroideo singolo, oppure associato ad altre formazioni nodulari, in questo caso parliamo di gozzo o struma multinodulare. Nella maggior parte dei casi la tiroide con noduli conserva un normale funzionamento e parliamo infatti di gozzo normofunzionante, tuttavia può anche accadere che la tiroide funzioni più del necessario e ci troviamo davanti al caso del gozzo iperfunzionante otossico. Escludendo con l’agoaspirato la possibilità che un nodulo tiroideo sia un tumore, le opzioni terapeutiche al momento disponibili per le formazioni benigne sono rappresentate dalle seguenti opzioni: terapia soppressiva con levotiroxina chirurgia terapia radiometabolica a cui si è recentemente aggiunta anche la termoablazione (laser o con radiofrequenze). In questa sede ci soffermiamo sulla terapia soppressiva con levotiroxina (Eutirox, Tirosint, o nuove formulazioni come Tiche, Syntroxine) che ha come finalità la riduzione dimensionale del nodulo o perlomeno la sua stazionarietà volumetrica nel tempo. Questa terapia si basa sul principio che, somministrando l’ormone tiroideo, si riduce il valore del TSH (cioè il principale fattore di stimolo alla crescita dei noduli) e di conseguenza si dovrebbero ridurre anche le dimensioni dei noduli. Sostanzialmente, con la somministrazione si determina una condizione di ipertiroidismo subclinico iatrogeno, finalizzata a ridurre le dimensioni dei noduli. Tuttavia, i dati scientifici disponibili sulla terapia TSH-soppressiva non sono univoci, con evidenze sia a favore che contro l’efficacia di tale terapia nel nodulo tiroideo che rimane, tutt’ora, argomento di dibattito. La terapia soppressiva veniva prescritta, soprattutto in passato, sulla base di alcuni studi che ne evidenziavano l’efficacia nel ridurre il volume del nodulo tiroideo o nell’arrestarne la progressione. Secondo alcuni studi, i fattori in grado di predire un’eventuale risposta alla terapia sono le dimensioni contenute della lesione (volume <5 ml...
La malattia (o morbo) conosciuta come malattia di Basedow – anche conosciuta come malattia di Basedow-Graves o come malattia di Graves – è una patologia di origine autoimmune caratterizzata dall’iperattività della ghiandola tiroidea. Sebbene molti dei sintomi, così come i rimedi, siano comuni con l’ipertiroidismo, è opportuno precisare che la malattia di Basedow, pur essendo una forma di ipertiroidismo, non è un suo sinonimo. L’ipertiroidismo è, nella maggior parte dei casi, manifestazione più riconoscibile della malattia di Basedow, che può essere quindi caratterizzata da sintomi quali perdita di peso, affaticamento, irritabilità, tachicardia, aumento della sudorazione e intolleranza al caldo, insonnia, pelle calda e sudata e, in alcuni casi, un aumento delle dimensioni della tiroide (gozzo). La malattia di Basedow può inoltre manifestarsi con alterazioni agli occhi – infiammazione, gonfiore, occhi sporgenti – evidenti nella gran parte dei casi. La comparsa dell’oftalmopatia (termine che identifica questo tipo di sintomi) non sempre coincide con quella della malattia stessa. Più raramente alla malattia di Basedow si associano problemi dermatologici. La causa della malattia è da ricercarsi in un’alterazione del sistema immunitario:gli anticorpi anti recettore del TSH si legano alle cellule che costituiscono la ghiandola tiroidea provocando una iperproduzione di ormoni tiroidei. La diagnosi parte dalla sintomatologia denunciata dal paziente ed è confermata dagli esami del sangue, che consentono di dosare i livelli di TSH, fT3, fT4 e degli anticorpi tireostimolanti. Le alternative terapeutiche includono il trattamento con farmaci cosiddetti anti-tiroidei, che agiscono sulla capacità della tiroide di produrre e mettere in circolo nuovi ormoni, e il trattamento con iodio radioattivo, che agisce sulle cellule della tiroide che producono gli ormoni. Nei casi refrattari alla terapia medica, o in presenza di gozzi molto voluminosi,...
Le malattie tiroidee rappresentano i disturbi endocrini più comuni, e la loro incidenza tende ad aumentare con l’avanzare dell’età. A causa dell’incremento dei fenomeni autoimmunitari, il 15% delle donne oltre i 60 anni presenta una tiroidite autoimmune che spesso determina lo sviluppo di ipotiroidismo. È anche frequente la presenza di noduli alla tiroide, soprattutto nelle aree a carenza iodica, che possono condizionare lo sviluppo di ipertiroidismo. Il problema è spesso di difficile identificazione, perché i sintomi sono molto generici e possono essere confusi con gli effetti di un fisiologico processo di invecchiamento. Una corretta interpretazione dei livelli ormonali tiroidei è per questo indispensabile al fine di inquadrare la situazione in maniera accurata. Da questo punto di vista il test diagnostico che prevede il dosaggio del TSH è l’esame più preciso a disposizione: per una efficace prevenzione sarebbe opportuno effettuarlo tempestivamente per evidenziare e correggere eventuali disfunzioni della sintesi ormonale tiroidea. Il trattamento dell’ipotiroidismo nell’anziano, analogamente ai soggetti più giovani, consiste in una terapia ormonale sostitutiva, soltanto con dosaggi leggermente inferiori. L’attenzione è in questo caso rivolta a evitare l’ipertiroidismo che può esporre il paziente al rischio di complicanze cardiovascolari. È pertanto importante riconoscere precocemente anche gli ipertiroidismi spontanei e trattarli in modo adeguato con i farmaci tireostatici o la terapia...